La copertina rappresenta l’immagine più frequente del pianeta Terra che un extraterrestre vedrebbe dallo spazio: una gran moltitudine dei suoi abitanti, da soli o in piccoli gruppi, davanti ad un monitor, o in consistenti aggregazioni dentro una struttura, di solito, circolare dove si compie l’evento, che segue attentamente le vicende di ventidue loro consimili intenti a correre dietro ad una sfera, contendendosela al fine di scaraventarla all’interno di uno spazio costituito da tre pali, due verticali ed uno orizzontale, chiuso nella parte esterna da una rete a maglie non troppo strette. Tanto avvincente da scatenare infinite discussioni. Ne consegue, inevitabile, la narrazione del fenomeno sociale in tutte le sue sfaccettature, riportando eventi ed aneddoti succedutisi nell’ampio arco considerato di quasi un secolo, dai primordi ai pandemici giorni di oggi, con la spiegazione tecnica e la valutazione dei suoi protagonisti, sia di campo che di scrivania, che accompagna la rappresentazione popolare. Il racconto è condotto in forma di dialogo da tre personaggi in incognito, due dei quali facilmente individuabili in quanto noti personaggi del calcio: il giornalista Gianni Brera, il calciatore Nils Liedholm; ma anche Sebastiano, un quisque de populo, uno dei tanti tifosi. Stante la finitezza della vita umana, ognuno di essi ha un suo succedaneo, necessario per completare la narrazione ed ecco, quindi, Michele, amico di Sebastiano, Gianni Mura ed Emiliano Mondonico. Tutti amanti del calcio, attratti allo stesso modo dalla sfera magica, oggetto del desiderio, presente e partecipante al dialogo sotto le mentite spoglie di un agente segreto con la missione, auto-assunta, di civilizzare il Mondo. Tutti, allo stesso modo, con il loro vissuto, una parentesi della narrazione, novello Aretè, portatore di una nuova morale, come riconosciuto anche dal Papa emerito. Come l’arte, anche il calcio, rappresentandone un’espressione, ha un suo processo di cognizione che funge da cornice al racconto, condizionandone la struttura: l’empatia, capace di compromettere emotivamente tutti i suoi fruitori, apportatrice di un messaggio in cui gli stessi sono portati ad immedesimarsi. Da qui l’attrazione ed il coinvolgimento. Da empatici si cerca la bellezza del gesto atletico, elaborando il suo logaritmo individuato nell’impresa di quello che viene ritenuto il più grande di tutti i tempi, Maradona. Si raggiunge, così, l’ultimo stadio, l’estasi: intensa ammirazione, un godimento per il calcio capace di riempire di sé tutta l’anima.