Con questo trasparente ossimoro è possibile definire la nuova opera di Palmerino Santoro. Surrealista nella scelta di dare vita a degli oggetti comuni rendendoli protagonisti dei venti racconti proposti. Realista nel far compiere ad essi riflessioni di straordinaria umanità riguardo alle esperienze nelle quali sono coinvolti.Non solo forme inanimate quindi, ma materia dotata di intelligenza, giudizio critico, ironia e talvolta complesse sfaccettature caratteriali. Alle prese con umani regalati al ruolo di osservati speciali, nelle loro componenti fisiche e comportamentali assolutamente incomprensibili per chi li scruta . Da qui una variopinta galleria di figure, situazioni e atteggiamenti assolutamente originali nelle quali molto spesso, in un’osmosi istrionica, l’oggetto assume idealmente indole umana e viceversa. “Gli oggetti ci guardano”, parafrasi di un noto film di De Sica, non è altro che la prova tangibile dell’imperfezione del mondo, esorcizzata con l’arma dell’ironia e del grottesco, sorretta dalla scelta di narrare con gli occhi nuovi e irreali di “personaggi” condannati a vivere al nostro fianco.Il lessico e lo stile non declinano mai nella banalità o nella ripetitività pedantesca, caratteristica alla quale è difficile sfuggire in simili lavori. Ciò è dovuto all’agilità e modernità dei dialoghi, all’espressività delle descrizioni concise e vibranti che unite al dinamismo degli intrecci rendono l’intero impianto estremamente avvincente. Nell’opera convivono, in un amalgama indissolubile, elementi peculiari dell’impianto narrativo ormai consolidati nel linguaggio dell’autore e forme proprie del romanzo sperimentale.