È un romanzo che narra le vicende di Toni, un ex operaio che decide di lasciare Bologna dov’è nato e cresciuto per trasferirsi in un borgo del sud Italia, lo stesso che diede i natali ai genitori e dove rileva un bar. I motivi alla base della scelta risiedono nella delusione frutto dei suoi trascorsi, costellati da legami affettivi traditi o forse mai nati per davvero, unita al desiderio di catarsi che permetta la continuazione del percorso di conoscenza del proprio io. Il taglio col passato, a braccetto con la volontà di ricominciare in un luogo e con un lavoro totalmente diversi, non sortiscono gli effetti desiderati: attraverso l’interazione con lo spaccato di miseria umana che caratterizza la clientela ed i popolani del paesino, Toni si rende conto che non troverà ciò che cerca e che, al più, l’esperienza dell’Alpeggio bar si rivela non altro che una tappa intermedia forse doverosa, certamente da superare. Attraverso una descrizione ironico-demenziale, Toni - che è al contempo il narratore - intende porre in evidenza, da una parte, la volontà di migliorare sé stessi e dall’altra la sistematica mediocrità di cui il contesto circostante è gravido e che “come una zavorra, impedisce di librarsi leggeri”, in una dualità spesso foriera di riflessioni dal risvolto amaro. L’aristotelica citazione: “l'uomo è un animale sociale” trova in questo racconto una contrapposizione tra l’istinto primario avvertito dall’essere e la frustrazione derivante dal confronto con un ambiente caratterizzato da colpevole ignoranza con tutte le implicazioni che da essa promanano: inganno, prepotenza, scarsa qualità dei rapporti umani. Una donna, Alba, sarà l’involontario catalizzatore che permetterà a Toni di risolversi a vendere il bar così da permettergli di andar di nuovo via o - se si vuole - di procedere alla ricerca del sé.