Il libro illustra, come testimonianza diretta, un cruciale periodo della storia italiana: quello che va dagli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale, al 1969. L’autore rievoca la sua formazione politica e la presa di coscienza di una generazione che, uscita dalla guerra, si vede pressata tra l’esigenza di un lavoro non sempre disponibile e la consapevolezza di dover rivendicare i propri diritti che la nascente Costituzione solennizzava, ma che la società non sempre si dimostrava pronta a recepire. Dalla Sicilia alla lontana Liguria si vive un trentennio di grandi trasformazioni e il mutamento di un mondo. Accanto alla microstoria si legge la traiettoria della Grande Storia con i passaggi epocali e le conquiste della scienza e della tecnica che fanno onore all’uomo, ma al contempo non si sfugge alla vergogna della guerra e dello sfruttamento. L’occhio dell’autore è un attento giudice della politica italiana e se nelle prime pagine si legge dell’ingenuità del protagonista, giovane siciliano emigrato nel nord industriale, che ignorava addirittura il termine Resistenza, con il procedere delle pagine si assiste alla sua educazione politica e all’ostracismo al quale verrà spesso sottoposto per la sua opera di proselitismo nelle fabbriche. Sono gli anni del conflitto di classe e dei grandi scioperi con le cariche della polizia e i morti e i feriti delle manifestazioni. Il pathos della narrazione fa quasi sentire lo stridore delle sirene, l’acre odore dei lacrimogeni e vedere le fumose discussioni nelle assemblee. Leggendo il libro, il lettore avrà il piacere di rivedere evocati i fatti sociali e politici della nostra storia recente e sullo sfondo la cornice della storia mondiale di una fetta di Novecento. - Vito Pacelli