Il protagonista è un frate benedettino del duecento, di nome Honorius, proveniente da Costantinopoli dopo il sacco subito nel 1204. Al periodo del racconto si trova nell’abbazia imperiale di San Salvatore Maggiore sorella minore dell’abbazia imperiale di Farfa. Un facoltoso aristocratico della zona viene assassinato e in punto di morte dona un tesoro, sapientemente nascosto, all’abbazia di San Salvatore come viatico nell’aldilà per riscattare la sua anima dai numerosi peccati compiuti durante la sua burrascosa esistenza terrena. L’ubicazione del tesoro è però indicata da una serie di strani simboli che il nostro Honorius faticosamente riesce a ricondurre a uno dei codici segreti utilizzati dai cavalieri Templari per comunicare fra loro. Dopo una serie di vicissitudini, scopre che il tesoro è costituito da preziose reliquie trafugate a Costantinopoli e in Terra Santa. Una di queste reliquie, precisamente una pisside, nasconde un’altra piccola pergamena che contiene informazioni sull’ubicazione di un altro tesoro celato e ancor più prezioso, ma il codice di decriptazione risulta più complicato. Alla fine Honorius scoprirà la più ragguardevole reliquia, costituita da un frammento della Vera Croce andato perduto a seguito della sconfitta dei Crociati a Hattin nel 1187 per opera delle armate islamiche guidate dal Sultano Saladino. La conferma dell’autenticità della sacra reliquia la riceve da un ex-templare eremita, di origine francese e il cui nome è Andrè, che partecipò alla suddetta battaglia e fu testimone della sua sparizione. Oltre a rendere questa testimonianza, Andrè accenna ad un’altra rivelazione sensazionale che renderà la sacra reliquia più preziosa che mai. Nel racconto sono notevoli i dialoghi tra il nostro protagonista e il cavaliere templare e i due incontri con frate Francesco d’Assisi, che lasceranno tracce indelebili di estasi mistica nel cuore del nostro protagonista.