“Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande”, sono state le lungimiranti parole di Giovanni Falcone, uomo simbolo, insieme a Paolo Borsellino, della lotta alla mafia. Qual è questo gioco troppo grande? L’aver portato alla sbarra, con conseguente condanna, il vertice militare di cosa nostra e, soprattutto, l’aver dato il via a un nuovo metodo d’indagine per combattere contro le micidiali organizzazioni criminali di stampo mafioso. In Sicilia, e non solo, l’omertà la fa da padrona, i cittadini temono cosa nostra per la mancanza di protezione da parte dello Stato, dunque “non vedono e non sentono”. Francesco, un impiegato di banca emigrato al Nord sin da piccolo, si ritrova faccia a faccia con capi mafiosi, collusi, criminali, picciotti, tutta gente che per pochi piccioli è disposta a delinquere, perfino a uccidere. Il giovane bancario vive e lavora a Milano e in un tardo pomeriggio primaverile incontra casualmente Alberto, un suo amico d’infanzia. I due ricordano gli anni spensierati della loro adolescenza e in modo particolare Francesco, ancora innamorato di Sabrina, sorella di Alberto, vorrebbe chiedere della ragazza che ama follemente per poterla sposare. Nel parlare con Alberto comprende che la ragazza che ama possa trovarsi in Sicilia. Durante le ferie estive si reca nell’isola e si ferma in un resort di proprietà di un personaggio particolare.