Chi legge questo romanzo, e prima ancora di arrivare alla fine, non si chiede più perché ci si può innamorare di Ponza, di Palmarola e di Zannone. Chi legge sente i profumi. Ecco menù del pranzo della domenica: ziti con sugo di gallina, gallina per secondo, vino dei Conti, caffè di ceci abbrustoliti, dolce all’essenza del finocchietto selvatico. Genuino, povero e fiero. Chi legge capisce la storia dei ponzesi, come si sono forgiati nel tempo, come hanno affrontato una vita dove la notte c’erano le lampade a carburo, di prima mattina ci si lavava con secchiate di acqua piovana, il frigo era un telo di juta bagnato, si cucinava con il fuoco a legna e si dormiva con lo scaldino pieno di brace.