Il romanzo “L’isola dei labirinti” descrive, attraverso la dimensione sfumata della memoria, l’infanzia della protagonista sull’isola d’Ischia. In un continuo contraltare tra l’isola vera e propria e la percezione visionaria e poetica della bambina delle esperienze vissute, si dipana un percorso di morte e rinascita, di crescita e consapevolezza. Ischia, di volta in volta, nido selvatico, labirinto in cui è facile perdersi, estasi sensoriale, si trasforma, nella mente della bambina, in una rete neuronale che ha strutturato le proprie connessioni in forma così strettamente circolare e isolata che diventa impossibile distinguere chi sia e dove sia veramente l’isola. Il testo, nel suo insieme, rimanda alla fenomenologia di un mondo aereo privo, per lo più, di impalcature spazio-temporali. In esso tutto è mutevole in attesa di qualcosa che trasformi circostanze e situazioni. L’isola, in realtà, è un luogo dell’anima che assiste all’ininterrotto passaggio delle cose, alla fugacità con cui gli eventi si susseguono. Il romanzo, dunque, non è altro che lo specchio dell’enigma che lega la nostra individualità allo spazio universale.