Non romanzo, cioè, in cui un unico protagonista campeggia dall’inizio alla fine; ma una serie di racconti che convergono è formano l’ossatura della storia. Il vero protagonista è il tempo, il secolo XIII, con il quale finisce il medio evo ed inizia la modernità, la civiltà dell’Umanesimo - alla quale hanno dato un contributo determinante due monaci aspromontani, Baarlam di Seminara e Leonzio Pilato, entrambi maestri di Petrarca e di Boccaccio-, e dalla quale è nato Rinascimento italiano.Gli uccelli rapaci che compaiono nell’opera, rappresentano la metafora del sopruso e della violenza del potente contro le classi sottomesse, sotto qualsiasi latitudine e in ogni tempo. Storia romanzata, dunque,o, per meglio dire, romanzo di storia, intendendo per romanzo, la vicenda, inventata dal primo all’ultimo degli avvenimenti, dal primo all’ultimo dei personaggi, e intendendo per storia l’ambiente e il respiro ambientale, entro il quale personaggi e vicende vengono calati, chiosa ancora Raffaele Sirri. Nel romanzo ci sono tutti gli ingredienti che rendono significativo un grande racconto: amore, odio, contemplazione, ricerca della spiritualità e imperversare della violenza; in più un grande messaggio di spiritualità in contesto cristiano e musulmano.
Un originalissimo affresco, che ha ridato dignità, valore e vita a un territorio martoriato e violentato dagli uomini, dai pregiudizi e dalle forze naturali... Grazie sig. Nocera, per le emozioni, che la lettura del suo interessante libro ha scatenato a diversi livelli in me, innamorato delle nostre montagne, della loro cultura e dei loro misteri...
Libro scorrevole e avvincente, una Calabria, sconosciuta ai più, tutta da scoprire!! La storia, la cultura e i paesaggi ricchi di tanta spiritualità ed avventura! Grazie Fortunato del tuo brillante contributo letterario! Arrivederci al prossimo libro e ... alla prossima estate! Max e Bea
Gentile Signor Nocera, ho appena finito di leggere il suo magnifico libro. E'un patrimonio di conoscenza: La storia è molto bella. Mi ha colpito maggiormente l'episodio di Agar.E'scritto bene.Anche le altre parti del libro sono coinvolgenti. Complimenti.Il linguaggio è scorrevole e ben articolato nelle descruzioni. La saluto cordialmente.
Premio nazionale Corrado Alvaro XI edizione 2012. Premio speciale del Consiglio di Amministrazione a Fortunato Nocera pe il romanzo LA MALEDIZIONE DELLA COMENTA ROSSA:Motivazione Romanzo storico nell'accezione più nobile della sua semantica. La Maledizione della cometa rossa di Fortunato Nocera intreccia magistralmente invenzione ed erudizione, ricostruendo il tramonto fecondo della cultura bizantina, che si racchiude nei monasteri degli amanuensi per riservare al futuro una nuova gemmazione; e lo compie tratteggiando un quadro mobile, folto ed accattivante di eventi e di personaggi, mossi con tecnica narrativa antiottocentesca e con simbologia zoomorfa, a metaforizzare i soprusi e le violenze della Calabria tardo medievale, ma anche la sua capacità di esistere e di resistere al male.
Caro Fortunato, ho terminato oggi la lettura del tuo straordinario romanzo e sento il bisogno di scriverti subito PERCHÉ lo reputi straordinario. Intanto lasciati dire quanto sia invidiabile aver vissuto per scrivere due libri così (preservando questo materiale della tua memoria, della tua cultura ed esperienza di vita nell’ordine anti caos della letteratura): quello sul rapporto col PADRE e quest’ultimo sul rapporto coi PADRI, che sarebbe a dire: con la Storia. In effetti storia non solo della tua Calabria, non solo del periodo storico duecentesco che tracci con una conoscenza così approfondita e vasta, con l’abilità non comune di sintetizzare miriadi di figure e problemi possibili nel ritratto di alcuni personaggi e di alcune situazioni sia storiche sia geologiche, dai Normanni al terremoto. Ma storia davvero universale. Quando leggevo, proprio oggi pomeriggio, questo periodo: “uomini … che si arrogano il diritto di giudicare altri uomini sulla base di regole che attribuiscono alla tua giustizia, ma che hanno scritto per il loro fine di dominio … La menzogna, la cupidigia, la bramosia di potere …. sono il loro Credo”, ho pensato che tu, volente o no, ti riferissi non solo all’arbitrio di “quella” Chiesa (e magari di “questa”), ma anche all’arroganza di tanti poteri e ideologie (e quanti nel ‘900!), che sulla base di un’analoga mistificazione han fatto dei loro simili quello che i falchi di Boemondo (splendida similitudine: e ti dico che da oggi anche il trattato di Federico II sull’ars venandi lo guarderò sotto tutt’altra luce ) facevano degli inermi volatili migratori. Anche i ribelli a tanta ingiustizia, sono i fondo gli antesignani dei demoni/ terroristi di Dostoeveskji o piuttosto dei briganti di tanti secoli dopo, forse degli stessi primissimi adepti delle associazioni malavitose poi degenerate in qualcosa di completamente diverso, mutate geneticamente. Anche la loro vendetta quindi, appare come un atto inevitabile, ma segnato già in partenza da un destino che facilmente sarà tragico. L’abbandono a Dio dei monaci greci è forse l’unica via? Anche su loro rovinano le macerie del sisma, unica verità certa, che su tutto il bene e tutto il male incombe lo strapotere della Natura, del Tempo, direi della Geologia.
Caro Fortunato ho terminato oggi la lettura del tuo straordinario romanzo e sento il bisogno di scriverti subito PERCHE' lo reputi straordinario. Intanto lasciati dire quanto sia invidiabile aver vissuto per scrivere due libri così( preservando questo materiale della tua memoria, della tua cultura ed esperienza di vita nell'ordine anti caos della letteratura): quello sul rapporto col rapporto col PADRE e quest'ultimo sul rapporto coi Padri, che sarebbe a dire : con la Storia. In effetti storia non solo della tua Calabria, non solo del periodo storico duecentesco che tracci con una conoscenza così approfondita e vasta,con l'abilità non comune di sintetizzare miriadi di figure e problemi possibili nel tritatto di alcuni personaggi e di alcune situazioni sia storiche che geologiche, dai Normanni al terremoto. Ma storia davero universale. Quando leggevo,proprio oggi pomeriggio, questo periodo: " uomini...che si arrogano il diritto di giudicare altri uomini sulla base di regole che attribuiscono alla Tua giustizia, ma che hanno scritto per il lotro fine di dominio...La menzogna, la cupidigia, la bramosia di potere...sono il loro Credo", ho pensato che tu volente o no, ti riferissi non solo all'arbitrio di "quella" Chiesa(e magari di "questa"), ma anche all'arroganza di tanti poteri e ideologie (e quanti nel '900!), che sulla base di un'analoga mistificazione han fatto dei loro simili quello che i falchi di Boemondo (splendida similitudine: e ti dico che da oggi anche il trattato di FedericoII sull'ars venandi, lo guarderò sotto altra luce) facevano degli inermi volatili migratori. Anche i ribelli a tanta ingiustizia, sono in fondo gli antesignani dei demoni/ terroristi di Dostoeveskji o piuttosto dei briganti di tanti secoli dopo, forse degli stessi primissimi adepti delle associazioni malavitose poi degenerate in qualcosa di completamente diverso, mutate geneticamente.Anche la loro vendetta quindi,appare un atto inevitabile, ma segnato già in partenza da un destino che facilmente sarà tragico. L'abbandono a Dio dei monaci greciè forse l'unica via?Anche su loro rovinano le macerie del sisma, unica verità certa, che su tutto il bene e tutto il male incombe lo strapotere della Natura, del Tempo, direi della Geologia. A proposito della quale ti dirò che l'unico suggerimento significativo per un'evenuale seconda edizione (a parte anlcuni piccoli refusi tipografici che - se ti può servire - posso segnalarteli a parte, in vista appunto di una riedizione): cioè mi pare che il finale oosì improntato da questa terribilità geologica - che poi sappiamo quanto sul destino calabrese abbia inciso - richiamerebbe (almeno nella mia fantasia) una sorta di premessa geo - romanzata sull'origine di questo grande blocco che appare già in copertina. Tu a un certo punto fai riferimento ai "conglomerati": invece penso che, piuttosto che semplicemente indurre il lettore - se curioso - a vedere che storia ci possa essere nei conglomerati, sarebbe bello che la evocassi, magari in mezza pagina,riassumendo come sai fare così bene nello spazio di poche righe la vicenda che in milioni di anni ha portato alle forme attuali questa sorta di protagonista roccioso del tuo romanzo per altri ersi corale. Una premessa oppure un bell'inciso là dove parli dei conglomerati. Ma magari è una mia fantasia che non aporterebbe nulla di buono, valutala per quel che può valere, probabilmente poco. All'inizio pensavo che anche la divisione per capitoli avrebbe potuto piuttosto suddivisa in parti/ sezioni storiche, per aiutare nella lettura chi magari non ha più tanta confidenza con le date e le epoche varie.Ma anche questo è un dato abbastanza marginale tipografico. Se avessi la possibilità darei il più ampio spazio a questo tuo libro raccomandandolo a tutti: purtroppo la mia scelta/ necessità è piuttosto essere un po'una gru, tra tanti falchi della cultura, non so se mi spiego. Ma questo non toglie niente, non solo a quanto piacere e a quanti insegnamenti mi hai dato, ma soprattutto al valore di un'opera che, se oggettivo, travalica anche i problemi mediatici e le contingenze varie e si appresta a navigare nel vasto mare delle generazioni. Un carissimo saluto. Luigi P.S. L'episodio di Isodiana, ma anche altri mi convincono che potresti essere un grande raccoglitore/ reinventore del fiabesco della tua terra. Ci hai pensato?
15:39:55] nicola basile: ti posso dire che per un appassionato di medioevo , nel tuo romanzo mi stai mostrando un mondo che non conoscevo. Modestia a parte credo di aver letto tanto di Medioevo e aver divorato romanzi storici che normalmente hanno impronte molto centro europee o iberiche , ma non un mondo così piccole eppur così grande e mediterraneo ( direi "cattolico"" , universale come quello che descrivi ) : sono alle prime pagine fammi finire e ti darò anche su BOOKSPRINT un parere come questo e se continua così, decisamente migliore e senza alcun complimento sciocco, ma con estrema sincerità. Mi piace come scrivi e come tu insegni quando uno scrive in modo che agli altri piaccia leggerlo siamo a tre quarti dell'opera Ciao Nicola
Nato, ho finito di leggere l'ultima tua opera letteraria "LA MALEDIZIONE DELLA COMETA ROSSA" e come ebbi il piacere di comunicarti a voce sono rimasto affascinato dai contenuti storici, religgiosi e letterari nonchè dal come hai saputo narrare i paesaggi, i personaggi le condizioni socio economici e culturali del nostro sud. Nato non fermarti vai avanti perchè solo cosi il sud in genere e la Calabria in particolare, potrà risorgere, grazie principalmente a gente come Te. Cosimo 30/09/2012
ho amato questo romanzo. una vera prova d'autore. Non la solita recriminazione meridionalista ma Finalmente una orgogliosa rivendicazione della storia e della cultura che ha attraversato le montagne dell'aspromonte volutamente dimenticata dalla storiografia ufficiale . un grande romanzo da leggere e da consigliare . un ringraziamento sincero all'Autore.
Ho letto e riletto il bellissimo libro dell'amico Fortunato provando sensazioni forti assieme a odori, sapori, colori di una terra che noi amiamo disperatamente. Io credo che questo libro durerà nel tempo non solo per la bellezza stilistica e narrativa, la trama affascinante e coinvolgente, ma soprattutto perché è la corretta chiave di lettura delle vicende della Calabria e del Meridione. Fortunato narra magistralmente una storia, o più storie, che confermano quello che io ho da tempo pensato: il problema del Sud non è tanto un problema politico, ma religioso. E di una religiosità bizantina, magnogreca, pitagorica.La pulsione fondamentale del calabrese è per gli orizzonti ultraterreni che sono stampati a fuoco nella nostra anima. Questo spiega come l'amico Fortunato senta il fascino del monachesimo come e forse più di un credente. Lo smantellamento di quella cultura, operata dalla Chiesa di Roma, appare irrimediabile come la perdita della libertà che i Normanni hanno tolto. Il risultato è descritto nel libro a tinte forti ed esprime un rimpianto per un mondo che appare definitivamente distrutto.In quel forte rimpianto io vedo però un desiderio di rinascita così imperioso nell'Autore che prima o poi porterà bene alla Calabria. Carissimo Nato, scrivi, scrivi, scrivi ancora!
Caro Nato,abbiamo letto il tuo nuovo libro “La maledizione della cometa rossa” e siamo rimasti colpiti soprattutto dalla passione che traspare in ogni pagina per questa nostra bellissima ma disastrata Calabria.Bellissime le descrizioni dei paesaggi selvaggi che ti fanno sentire perfino gli odori dei fiori e delle piante che nomini (veramente notevole la tua competenza della flora mediterranea!) Colpisce anche la ricerca storica approfondita che si innesca naturalmente con la narrazione: i personaggi sono interessanti ed avvincono il lettore;alcune storie sono veramente poetiche,altre trasmettono forti emozioni;avvertiamo una intensa vicinanza empatica con la povera gente che ora come allora era in balìa dei potenti e la complicità fra poveri ed oppressi,l’accoglienza e l’ospitalità come valore primario nelle piccole comunità contadine. Le vicende raccontate rendono perfettamente le radici di questi valori,indispensabili per la povera gente e che ancora si sono mantenute in alcuni di noi per i quali l’ospitalità non è forma ma sostanza piena:e qui mi ricordo la casa di Milano,rifugio di tanti amici di San Luca e di paesi vicini, sostegno prima di tutto morale per chi si avventurava al Nord. Le vicende dei monaci “bizantini” così come vengono narrate ci permettono di capire i corsi storici che hanno portato alla chiusura dei numerosi monasteri sparsi per tutta la Calabria con grande perdita per il progresso culturale autonomo della regione;tuttavia restiamo avvinti dalle vicende umane di Andrea e dei suoi confratelli come fossero persone vive e presenti,l’ingiustizia è una presenza costante quasi inevitabile delle vite dei singoli. La descrizione di episodi di devozione sia popolare che di quella più consapevole e “scelta” dei monaci ed degli eremiti sarà certo costata la lettura di tanti testi medioevali dei padri della chiesa, ma noi ne cogliamo,leggendo,il profumo di santità descritto con una delicatezza tanto più apprezzabile in uno scrittore che si dichiara non credente…il quale dimostra di aver approfondito e compreso nella loro essenza i principi basilari della fede. Un ottimo lavoro;aggiungiamo un augurio sincero e sentito di continuare in questa opera Turi e Tiziana
Caro Nocera, ho finito di leggere il suo romanzo di cui ho dovuto rinviare la lettura di qualche settimana per via dei soliti impedimenti d'età e di malanni. La ringrazio davvero e sinceramente molto per avermi mandato questa sua nuova opera che ho persorso di filato e con molto piacere, perchè l'ho trovata originale come insieme di storie raccontate con distacco ed insieme con grande partecipazione.Più di tutto mi ha appassionato questo mondo greco - calabrese di cui sapevo l'esistenza ma senza nessun appoggio:nel suo racconto ho scoperto cose per me inedite a cominciare dai luoghi che vengono illustrati con grande chiarezza e un'informazione straordinariamente copiosa ( ho anche cercato sulle povere mappe di cui qui dispongo di localizzare con precisione lo svolgimento del racconto e anche qui ho scoperto cose che mi hanno molto incuriosito e tentato di approfondire, magari visitando);ma ancora più dei luoghi devo dire il mio meravigliato interesse per i suoi eremi ed eremiti,con le loro storie diverse e sempre caratterizzanti, come la vicenda umana di Said - Andrea dal musulmanesimo andeluso ai tribunali dell'inquisizione cattolica o come quella di Zhafron da Tabriz(e nella specificità di questo settore mi ha attratto molto la terminologia del mondo ortodossomì-provinciale nel quale il glossario finale mi ha molto aiutato: e mi permetta di complimentarmi per la dottrina che su questo terreno emerge anzi si colloca in un piano primario spiegando dall'interno la vita di questo quasi incredibile monastero);devo però soprattutto dire che il ritmo del racconto, delle tante vicende lontane e diverse, che inquadrano situazioni storiche svolte dentro alle singole figure anche le più umili e apparentemente secondarie, ma anche nella narrazione ricevono un'attenzione affettuosa e profonda, è quello che mi ha trascinato maggiormente.E' infatti un libro di "avventure" umane e storiche eccezionali quello che Lei ha costruito. Scuserà la frettolosità di questo appunto che ho voluto stendere subito per farLe nota la mia gratitudine per un autentico regalo. Appunto,dico,perchè conto di ritornare a ripensare e a ripercorrere l'intera narrazione che merita la giusta attenzione anche per la misura e il controllo d'ogni momento anche i più estremi. Col ringraziamento riceva l'affettuoso saluto da suo amico Riccardo
Opera molto originale, ricca di fascino. La prima cosa che ho notato è la riccheza dele descrizioni dei luoghi e del tempo, in opera introspettiva come se l'avesse scritta il tempo, la storia e quei luoghi stessi.
Carissimo Fortunato, ho dato una scorsa al tuo grosso romanzo storico. Ti devo dire che mi sono trovato dinanzi ad una ricostruzione letteraria di grande interesse del medioevo italo-greco, che solo uno come te - da sempre dedito allo studio di quel periodo - poteva produrre. Ci sono tutti gli ingredienti che rendono significativo un grande racconto: amore, odio, contemplazione ... ricerca della pace e imperversare della violenza ... in più un grande messaggio di spiritualità in contesto cristiano e musulmano. Il titolo è scelto bene, non solo perchè simbolico, ma pure perchè si capisce solo alla fine. Mi pare di vederti in continuità con i nostri grandi (Gioacchino, Francesco di Paola, Campanella, Alvaro ...) che sognano un'utopia e non rifuggono dalla distopia. Per una sfortuna cosmica il piccolo mondo mediterraneo antico, che non trascura le aree sconosciute del castello delle tortore, scompare dalla geografia. Rimane il ricordo di una cultura, quale stimolo a non rassegnarsi mai ai mali del mondo. Mi congratulo vivamente con te per questo lavoro originale.
Leggendo con attenzione, interesse ed anche un certo compiacimento “La maledizione della cometa rossa” di Fortunato Nocera, ho capito di trovarmi più che davanti ad un libro, di fronte ad un autentico atto di ribellione, magari sommessa, ma sempre presente, contro tutte le prepotenze. E ne caso specifico la ribellione è contro la Chiesa Romana, tesa con l’aiuto dei Franchi, prima, e dei Normanni poi, ad annientare quella ortodossa che da noi era allignata splendidamente, lasciando parecchi segni della sua civiltà, destinati, purtroppo, per le devastazione dei tempi e l’incuria degli uomini, a scomparire. E forse proprio per il tono sommesso del Nocera, che narra col pudore degli uomini per bene anche le vicende più scabrose e violente, queste ingiustizie patite del Sud gridano sempre più forte la loro indignazione. Per questo ne raccomanderei la lettura ai giovani che poco sanno della nostra storia perché poco la scuola ha loro insegnato. Al contrario il Nocera, giustamente convinto che la prima storia da conoscere sia proprio la nostra, se ne viene fuori con un libro i cui personaggi pur partendo da molto lontano vengono a stabilirsi nell’Aspromonte arricchendolo con la loro esperienza e la loro civiltà. E ci immerge in pieno Medioevo adottandone anche il linguaggio che agli occhi dei più potrebbe magari apparire esotico, ma che nell’economia del libro appare invece indispensabile, come indispensabile appare il glossario alla fine del libro che se non è certamente ricco, non è, altrettanto certamente, povero. E’ un’umanità ricca e miserabile, prepotente e impotente, rassegnata e vendicativa quella che si muove tra i nostri territori, con i suoi splendori e le sue miserie, in questo libro che più che un romanzo storico, ci sembra una storia romanzata. Eh sì, perché magari i personaggi potranno apparire, e spesso lo sono, fittizi, ma si muovono in un habitat che se non veri li rende certamente verosimili. Sullo sfondo della mitica Pietra Kappa opera un’umanità variegata, ma dedita, in buona parte, per via di eremiti e monaci basiliani, alla preghiera, al lavoro ed alla cultura. E’ un mondo di pace - macchiato dalle violenze di qualche signorotto che riceverà la giusta condanna - che non chiede altro che di trascorrere nella pace quella porzione di vita terrena che Dio gli ha assegnato ... ed invece, tutto è destinato a peggiorare ed perire per via di quella cometa rossa che tutto travolge e che tanto simboleggia un Dio che, stanco della stramberia degli uomini, decide di sterminarli tutti: i cattivi perché ricevano la condanna che si meritano, ed i buoni per essere sottratti alle future angherie. Infine, possiamo concludere, di trovarci davanti ad un’opera che resta. E resta perché arricchisce, non solo dal punto di vista culturale, ché è la minor cosa, ma soprattutto dal punto di vista morale con quel finale catartico che dovrebbe insegnare qualcosa agli uomini e che al solito e purtroppo, non insegnerà niente. E’ un inno alla nostra terra questo libro che pur parte da tanto lontano, è un atto d’amore d’un figlio che sebbene cosciente che questo suo amore finirà sprecato, non cessa di professarlo per questi luoghi che per quanto dileggiati restano sempre i nostri. Complimenti a Fortunato Nocera per avere avuto la forza di tirare avanti un’opera così ponderosa e per aver vivificato, con stile semplice ma magistrale, un mondo che sembrava morto e che invece attraverso le sue pagine ha ritrovato la voglia di vivere. Mario Nirta
Fortunato carissimo, ho terminato di leggere la tua sorprendente "Maledizione della cometa rossa". Ti ringrazio per quanto ho appreso su un nostro mondo che conodcevo a tentoni e che mi ha sempre interessato e affascinato. Conoscevo le tue qualità di narratore e scrittore sodo e limpido. Il nostro archetipo rimane sempre l'insuperabile Corrado Alvaro! Con questo impegnativo lavoro, hai dato un altro esempio di misura di lingua e di stile, che tanti letterati smargiassi del nostro tempo non sanno, nè hanno il dono di poterlo sapere. E hai dimostrato, ancora una volta, una conoscenza unica del nostro Aspromonte, anche nella flora e nella fauna. Ti ringrazio anche per questo! Un forte abbraccio, Pasquale
Molte benedizioni e una maledizione Ne parla distesamente Fortunato Nocera nella sua ultima fatica, che definisce “racconto” ed a cui dona un titolo che sembra un catalogo: La MALEDIZIONE della COMETA ROSSA. Monastero con titolo San Giorgio, glorioso martire. Abbazia sui juris (amministrazione autonoma). Tipikon ispirato alle regole diffuse di S. Basilio Magno. Settembre 1239 – aprile 1240 indizione XIII (Edizioni Booksprint, senza luogo, 2012, pagine 264, € 15,50). In questo suo “racconto” dalla trama distesa e sottile, l’autore sembra non che narri, ma che viva una storia, la quale perciò non è inventata, anche se sono immaginari i personaggi principali che reagiscono alle azioni di personaggi storici. Si immerge pienamente nel tempo di cui parla, ne avverte l’opera misteriosa ed amorevole di Dio, ne soffre innumerevoli violenze, soprattutto, ma non solo umane; perciò racconta per episodi, assai particolareggiati e apparentemente circoscritti; ne respira l’immediata fraganza della vita quotidiana, con tutte le sue emozioni ed i suoi imprevisti. Descrive il cammino, che è una costante faticosa e meravigliosa per i suoi personaggi; le città, specialmente dell’Oriente musulmano, di cui avverte il fascino fisico ed umano, ma anche i disagi; la natura, specialmente le piante e gli animali, di cui Fortunato Nocera è un amico affezionato ed attento. Vede le cose con le parole consuete al tempo ed ai luoghi narrati; le misure di lunghezza, ad esempio, sono i cubiti, le braccia, i palmi, e spuntano anche le parasanghe: tutte voci non tradotte nel glossarietto in fondo al libro, come se siano normalmente evidenti per il lettore. Per sapere quanto valgono le parasanghe, circa 6 km, ho dovuto consultare il vocabolario greco del Rocci, perché non ho trovato la voce nei vocabolari italiani. Il tempo da lui scelto per collocarvi la sua narrazione, suggeritogli da un documento stilato nel mese di agosto 1240 e riguardante il monastero su cui principalmente converge l’attenzione del Nocera, cioè San Giorgio di Pietra Cappa, nel territorio di San Luca in Aspromonte, gli permette di volgere lo sguardo attento e circostanziato a fatti dell’Occidente, ma soprattutto d’Oriente, dove spazia partendo dall’occidente geografico, dalla Spagna andalusa, con tutta la sua splendida cultura che l’autore saggiamente collega con quella siciliana, attraverso i territori settentrionali dell’Africa, fino alla penisola arabica, la Persia e la Grecia. Il suo punto di vista è quello che l’autore ritiene appartenga ai monaci dell’Oriente ed alla gente umile della Calabria bizantina, con tutte le sue angustie per le cattiverie dei prepotenti che, sia sul piano religioso che su quello sociale, appaiono pervenire vincitori dall’Occidente. Conoscendo l’impegno umano e culturale di Fortunato Nocera, l’ambiente mitico e tragico in cui è nato e compie opera di civile impegno, San Luca d’Aspromonte, la sua delicata attenzione verso l’umile civiltà delle nostre comunità collinari manifestata in libri suggestivi ed esemplari (ad es., San Nicola dei Canali, in collaborazione con Ferdinando Marzano, Arti Grafiche Edizioni, Ardore Marina 2005 e Colloquio con il padre, Città del Sole, Reggio Calabria 2011), ritengo che l’autore, vivendo intensamente il respiro profondo della cultura della sua terra oggi, anche attraverso l’amore e lo studio di un grande di questa terra, Corrado Alvaro, sia pervenuto alla comprensione della civiltà bizantina che lo coinvolge come calabrese ed è intrecciata con un’altra grande civiltà, quella araba, antagonista soltanto sul piano militare. Fortunato Nocera, parlando da bizantino di Calabria, vede negli anni 1239-1240, che egli contempla, i problemi, le difficoltà e lo sgomento dei calabresi dell’anno 2012. La sua narrazione, che respira in quel tempo, si riflette simbolicamente ed appassionatamente nel nostro. Traspare dalle pagine del libro la consapevolezza della violenza, che Fortunato Nocera sa descrivere con una prosa vivace e tagliente: perpetrata dagli uomini, soprattutto, ma anche dagli animali e dalla stessa natura, che due volte si mostra con il volto delle terribili alluvioni ben note in Calabria, e una volta con un terremoto, anch’esso purtroppo frequente. La cometa rossa entra nel racconto solo quando tutte le vicende sono già volte a conclusione, apparentemente con tristezza; si presenta a p. 223 ed a p. 258 finisce tutto. La sua maledizione campeggia come l’ultimo sigillo, con un’alluvione, un terremoto, morti e distruzioni. Ma la sua preminenza è apparente, domata dalle benedizioni del Signore che danno una trama di gioia alla storia delle creature. Questo è simboleggiato nella violenza dei diavoli, che vogliono travolgere un eremita dentro l’asceterio delle Rocche di San Pietro, ma vengono da lui debellati. Perché tutto è vinto dall’amore di Dio, che molti personaggi della narrazione avvertono, specialmente quei due che per l’ardore di questo amore, incrementato da immani sciagure personali, si convertono al cristianesimo. Il mondo che Fortunato Nocera in questo libro rappresenta ed ama, sembrava, nel tempo del racconto, ed ancor più appare oggi, destinato a perire e dissolversi; ad ogni rigo traspare la consapevolezza di questa tragica previsione, ma sempre rintuzzata e corretta dal fascino del futuro, cioè dalla fiducia nella provvidenza divina, e da quella disperata speranza per la quale noi calabresi diciamo a noi stessi che la cultura e la civiltà di Calabria continueranno a vivere. Domenico Minuto
Ho letto con piacere ed interesse "la maledizione della cometa rossa". Ho appreso tante cose sul medioevo calabrese,sulla cultura bizantina in Calabria e sulla spiritualità ortodossa e musulmana. Complimenti all'Autore.
Ho letto con fatica e ponderazione, non è facile, non è la lettura di un romanzetto. I contenuti e lo stile non sono abituali di una letteratura giornaliera, ma sono di una originalità che solo le grandi opere esprimono. Qui non c'è storia, non è la storia narrata di un personaggio , qui la storia il tempo sono protagonisti e l'attore porge la chiave per addentrarsi in quei contesti romantici del tempo. Il tempo protagonista della storia è una bella pensata, vivere la storia dall'interno osservando gli avvenimenti non dall'esterno di una storia narrata, qui si entra nella storia e si vive il tempo in un coinvolgimento totatale.Non sono i fatti narrati a condurci nella storia, è la storia stessa che si racconta in coinvolgimento emotivo e psicologico che rende quest'opera originale e grande non vedo sostanziale differenza di valori tra "il nome della Rosa" di Eco e "La maledizione della cometa rossa " forse le due opere si incontrano e si completano considerato che si occupano dello stesso tempo. Spero di poter leggere il seguito, aspetterò che ci sia, conservando lo stesso stato d'animo in cui questo libro mi ha posto.