Salvatore Scarano è un investigatore privato che, giunto all’età della pensione, decide di chiudere la propria agenzia di Napoli. E’ stufo di portare la Smith&Wesson nei pantaloni, dietro la schiena. Ma, purtroppo per lui, non è arrivato ancora il momento: gli perviene una telefonata. E’ l’amico Mimmo, avvocato di Nola. Che non abbandonasse le armi, gli intima costui. Si recasse la sera stessa a casa sua. Mimmo Senese gli affida un incarico che non si può esimere dal rifiutare, suo malgrado. Una persona importante, ai vertici della politica internazionale, si è rivolto a lui perché reperisse un professionista fidato, al fine di rintracciare la figlia ventiquattrenne: Marina. Sparita, presumibilmente, nella città di Budapest, in Ungheria. Infastidito ed incavolato, ma impossibilitato dal rifiutare per l’amicizia che ha con Mimmo Senese, l’investigatore convoca i suoi collaboratori ed inizia l’avventura. Parte per Budapest con un piano ricognitivo tracciato assieme a Lidia e Gennarino. Conosce, in un ristorante italiano, una donna ebrea, Judit, casualmente e provvidenzialmente. Costei, nata in Italia, da genitori ungheresi, conosce la lingua italiana; lui , ha bisogno di una interprete. Tutto il lavoro che svolge in quella città, gli risulta vano: la ragazza non si trova. Dall’ amico avvocato, ma più propriamente, dai genitori della ragazza, gli è stata omessa l’amicizia di costei con Maurizio Santoro,così si chiama il fidanzato, che è uno spostato appartenente alla camorra. Venuto a conoscenza del fatto, l’investigatore comincia a mettersi sulle tracce di quest’ultimo. Un suo collaboratore gli comunica che ha rintracciato Maurizio a Cuba, a l’Havana. L’investigatore si reca in quella città dove, raccolte ulteriori informazioni, ritorna in Ungheria, in una cittadina di confine. La ragazza, a detta di Maurizio, poteva trovarsi lì. Un finale mozzafiato che, dopo infiniti e travagliati spostamenti, volge all’epilogo. Dopo che l’autore, Federico Saccone, con questo suo terzo romanzo e come suo solito, conduce il lettore per mano, perché si senta protagonista nell’avventura.