Consigliato ad un pubblico 16+
Mussolini e Hitler sono legittimamente accostabili solo nell’incoerenza delle loro esternazioni. Oratori eristicamente abili, capaci di sommuovere l’emotività delle folle fino a risvegliare nell’uditorio adorante sentimenti nazionalistici sopiti, o meglio narcotizzati. I due dittatori si imposero proprio avvalendosi dei tratti personologici condivisi: la loro megalomania maniacale, i loro eccessi, la loro antipolitica urlata e non sussurrata, la loro glorificazione di Sorel, per cui la “violenza era la levatrice della storia”. I due dittatori appiccarono il fuoco all’Europa con feroce e cinica solidarietà, e lo fecero pretendendo di rivalersi militarmente contro le inique ingiunzioni restrittive imposte dal trattato di Versailles a Germania e Italia (quest’ultima coniò l’espressione “vittoria mutilata” quando a Versailles il Presidente americano Wilson non assecondò alcuna richiesta del nostro ambasciatore Orlando, nonostante a Vittorio Veneto la rotta degli austriaci sancì la vittoria militare italiana). Hitler e Mussolini agirono contingentando ogni azione alla loro volubilità personale, talora profondamente ondivaga, o al consenso plebiscitario che i popoli tedesco e italiano accreditavano ai loro idoli invasati. Tuttavia non concepirono mai un autentico piano strategico, peccando talora di un dilettantismo che stride con le velleità egemoniche di entrambe le nazioni, e con la esuberante forza militare, tecnologica e industriale della Germania, ripresasi dalla debacle della Prima guerra mondiale. Una costante accomunò il Fuhrer al Duce, più spiccata nel secondo che nel primo: nessuna pianificazione espansionistica fu mai progettata con una strategia bellica studiata in maniera certosina a priori. Entrambi si fecero trascinare dai propri impulsi, talora irrefrenabili, dal loro disprezzo per il prossimo, dalla loro delirante rivendicazione di una razza pura, ariana, che non poteva essere “inquinata” dal sangue semita. E le loro iniziative militari parvero sempre ridondanti, e ispirate solo da una dolosa miopia strategica. I tratti personologici salienti dei due dittatori sono qui documentati con dovizia di particolari, accreditando veridicità alle fonti mai confutate o revocate in dubbio. Ma si raccontano anche illazioni storiche sulle loro perversioni e ambiguità che, pur non essendo suffragate da documenti certi, si respiravano nel vissuto collettivo come fatti veri, conosciuti dalle persone a loro vicine che ne condividevano il quotidiano vivere.