È davvero Thoreau quello che ci è stato descritto in più di un’occasione come disimpegnato politicamente, aduso a vivere senza principi e senza regole e desideroso sopra ogni cosa di isolarsi dal consorzio civile? In questo lavoro Umberto Lozzi dimostra il contrario, partendo dalla risoluzione di quelli che sono stati definiti i paradossi interculturali di Thoreau: disobbedire (alle leggi ingiuste) vuol dire obbedire a leggi più alte (quelle della propria coscienza), mentre isolarsi significa in realtà vivere in una splendida associazione. Ma il percorso di ricerca più intrigante è quello che conduce alla scoperta della matrice interculturale dell’ermeneutica di Thoreau secondo una lettura gadameriana del processo comprensione-interpretazione dell'alterità. Dello strettissimo, inscindibile rapporto tra Thoreau e la Natura è stata formulata un’ipotesi avvincente: la Natura per Thoreau si presta ad essere la dimensione d’eccellenza per comprendere e interpretare se stessi e gli altri. Nella natura selvaggia (wilderness) di Thoreau, invece, viene individuato il denominatore (bene) comune che potrebbe indicare un'opzione percorribile in vista di una proficua ed educativa relazione tra le culture. E ancora, dal rapporto tra Thoreau e gli Indiani del Nord America emergono elementi utili per inquadrare la figura thoreauviana tra quelle che hanno precorso con grandissimo anticipo le attuali riflessioni sul relativismo culturale. Non mancano originali approfondimenti sia sull’influenza che le filosofie orientali hanno esercitato sul pensiero-vita-opera di Thoreau sia sul confronto tra la sua disobbedienza civile e quella di Tolstoj, Gandhi e M. L. King. Da questo testo sorge un diverso profilo di Thoreau: Thoreau oltre una visione limitata e fuorviante del rapporto con il mondo altro/natura-uomo; Thoreau oltre la fama che l’ha rappresentato come estraneo ai temi sociali, educativi e interculturali. In poche parole, Thoreau oltre Thoreau.