Lo chiamano il Fabbro… e tiene sotto scacco Contrada delle Case Vecchie, un pezzo dimenticato di Calabria Ultra dove lo Stato e la Mafia si rincorrono nelle pieghe della zona grigio cenere. Il Maresciallo Pasquale gli dà la caccia ormai da due anni, e da poco tempo lo fa sotto la direzione di un Procuratore Aggiunto dalla mente brillante e dalle intuizioni felici, fatto venire apposta da Roma. Il Fabbro vive a metà tra la normalità di uno qualunque ed un delirio lucido in cui passando da larva a farfalla diventa qualcuno. Compie le sue azioni delittuose con sadico distacco, cattura le sue vittime senza ucciderle, per lasciarle immobilizzate come fantocci in luoghi sperduti nei boschi dell’ Aspromonte e delle Serre calabresi, dopo averle trasformate in “creature”: cibo vivo per le sue “gladiatrici”. Nel suo delirio farcito di ricordi dolorosi, citazioni colte, musica rock, richiami al latino ed all’Impero romano, il Fabbro descrive la sua “poetica del disfacimento” e la sua missione, costringendo chi gli dà la caccia ad immergersi nel suo mondo per risolvere i suoi enigmi. Come un treno senza controllo la storia sfreccia vertiginosamente, diretta verso un finale carico di orrore suggestivo, denso di allegorie dantesche e riferimenti gotici, con tanto di fantasma.