Il testo, scritto in modo diretto e chiaro, è un ricordo dal quale riemergono vivi i sensi e le emotività vissute, per questo, nella sua veridicità, colpisce molto. Esso apre una finestra su di un tempo che ci appare molto lontano, l’Italia degli anni cinquanta, affamata e distrutta. Con i suoi figli smarriti, in moltissime difficoltà, coscienti di doversi rimboccare le maniche nel cercare un futuro con le proprie mani e con i propri sacrifici. La descrizione del collegio, il quale non è per nulla in riga con un pensiero pedagogico o cristiano, narra la sola volontà di dover, purtroppo, collocare in un luogo più o meno definito e adatto i bimbi orfani per poterli tirar su, allontanandoli dalla strada e dalla miseria. Sono gli stessi bambini di quel tempo, tramite la voce di Marcello, a ricordare la loro storia costellata da ricordi propriamente veraci nella loro bellezza e nella loro bruttezza.