Giovanni, l’evangelista, narra la propria esperienza in prima persona. Egli esercita il mestiere di pescatore sul lago di Galilea, a Magdala. Si rileva in lui una ricca conoscenza della Scrittura formatasi nella scuola rabbinica della sinagoga. Egli esprime un’intelligenza vivace, aperta alla filosofia platonica e alla scuola biblica di Filone alessandrino. La Bibbia, storia del popolo d’Israele, letteratura sapienziale, lirica e profetica dell’ebraismo, viene letta non solo nel suo senso letterale. Secondo la scuola di Filone, si riscontra nella Bibbia l’allegoria di una storia di salvezza. Perciò i cultori della scuola di Filone, come Apollo, hanno visto in Gesù, il grande momento messianico, prefigurato dagli eventi e dalle grandi figure della storia d’Israele, preannunciato dai profeti, disegnato nei libri sapienziali. Giovanni quindi, in una particolare predisposizione d’animo, fin dal primo incontro, vede in Gesù la sapienza, il logos, il verbo incarnato, già delineato nei primi colloqui con Nicodemo e la Samaritana. Giovanni, l’ultimo evangelista, scrive dunque un Vangelo nuovo, diverso e parallelo ai Vangeli sinottici di Marco, Matteo e Luca. Qui si evidenziano le essenziali paranomie di Gesù: IO SONO. Dopo Gesù l’opera apostolica di Giovanni si estende oltre la terra d’Israele. Alla fine, dall’esilio di Patmos egli scrive: “Le lettere alle sette Chiese”. Di qui si può ricostruire l’estensione e il dinamismo della sua missione di Apostolo di Gesù.