Dopo la parentesi assai impegnata inerente la religione i cui capisaldi trovansi in “Zedneh”, Gianfranco Manunza con “Stracciatella” torna all’ironia a volte in maniera molto seria ed a volte meno. Ma mentre in “Humor Spray” vengono messe alla berlina situazioni sovente frivole o parecchio personali, in “Stracciatella” invece abbonda con chiarezza la satira di costume, tutt’altro che vacua, tutt’altro che futile, tutt’altro che sintetica, poiché ridondante di dettagli e particolari intrinseci. Tale satira a volte presentasi blanda e carezzevole ed a volte graffiante e spregiudicata, però, prima di divenire offensiva o volgare, tende a ritrarsi. Siffatte caratteristiche trovansi rappresentate ne “Il benefattore” il cui soggetto, ignorando la pietà, come motto spontaneo dell’animo, aiuta il prossimo in maniera palesemente pubblica. L’unico suo scopo difatti sta nello stimolare la riconoscenza, tramite la quale possedere spiritualmente e materialmente lo sfortunato bisognoso. Anche nel “Il leccapiedi”, il cui soggetto, preoccupato d’essere scoperto, si illude e si crogiola nella speranza che gli altri non intendano la di lui debolezza nei confronti del lavoro. Non vanno trascurate inoltre le poesie “facciadibronziche” in cui Manunza scagliando i divertiti dardi contro quegli “intellettuali” che fingono di capire l’incomprensibile, esprime il proprio serioso concetto sull’arte. Comunque anche in questi casi l’ironia più o meno graffiante ad un certo punto si attenua per dar spazio ad un divertimento che dovrebbe toccare chiunque, eccezion fatta, è ovvio, per gli interessati, sovente punti nel vivo. Invece troviamo tanto divertimento e meno ironia in “Via San Donato”, in “Fortunatamente la televisione”, in “Il capellone”, in “Casa idiot nova”, in “Lover latin” etcetera. Pertanto la generale sensazione è che Manunza nello scrivere questo libro si sia trastullato non poco. Ma solo in certi casi la sua vis comica trasformasi in vis drammatica: segno di un sofferente passato che tende a ripresentarsi: simbolo di un’antico patimento. Sono opera di Manunza i disegni e le pitture che trovansi in questo libro, giacchè non è male ricordare che egli è soprattutto uno stimatissimo pittore, disegnatore conosciuto in Italia ed all’estero. L’arte pittorica, intesa come segno e colore, l’arte letteraria intesa come rima e prosa sposano Manunza nella maniera più inequivocabile costantemente, stabilmente, sinergicamente.